• “Occuparci dello sviluppo dei nostri talenti e delle nostre potenzialità significa concentrarci proprio su quelle che sentiamo come nostre debolezze e fragilità, in modo tale da far leva su di esse per innescare dei cambiamenti e prima che si strutturino come problemi invalidanti. Se impariamo a gestire le nostre incapacità, i nostri limiti si trasformeranno nei nostri più grandi punti di forza; se li neghiamo a noi stessi, finiranno per emergere nel momento meno opportuno.”
  • “Per quanto le correnti classiche della psicoterapia differiscano e siano spesso tra loro in contraddizione, esse hanno una ipotesi in comune: che i problemi si possano risolvere soltanto scoprendone le cause. Questo dogma è fondato sulla credenza in una causalità lineare e unidirezionale, che scorre dal passato al presente, e che a sua volta genera l’apparentemente ovvia necessità di raggiungere un insight sulle cause prima che possa avvenire un cambiamento. Permettetemi di fare un’osservazione per certi versi eretica: né nella mia vita personale (a dispetto di tre anni e mezzo di analisi in formazione) né nella mia successiva attività di analista junghiano, né nelle vite dei miei pazienti mi sono mai imbattuto in questo magico effetto dell’insight
  • “Il processo è una sorta di «danza» interattiva tra domande che creano le risposte e risposte che permettono di costruire le successive domande strategiche, sino al punto in cui l’interlocutore dichiara di aver cambiato la sua posizione grazie a ciò che ha scoperto.”
  • La vitalità di una scienza non si misura solo dalla capacità di scoprire, ma anche di inventare: fare scienza non consiste solo nell’osservare, isolare e definire rigorosamente i fenomeni, aprendo i confini di nuovi, impensati territori, ma anche nell’«inventare» volta per volta, territorio per territorio, gli strumenti concettuali e operativi più adeguati per muoversi al suo interno e ricominciare così a osservare, isolare, definire, sperimentare…
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